JODY BRUGOLA: “LE AUTO ELETTRICHE? NON LE VUOLE NESSUNO, L’AUTO ITALIANA HA IL DESTINO SEGNATO”

Jody Brugola ha dichiarato a Davide Perego de La Verità che crede che il concetto del “tutto elettrico” non sia realizzabile. Egli è il nipote di Egidio Brugola, l’inventore della famosa vite che porta il suo nome e fondatore delle Officine Egidio Brugola. Attualmente, Jody ricopre la carica di presidente dell’azienda di famiglia, di cui ha acquisito il pieno controllo, comprendente due impianti di produzione situati a Lissone e in Michigan.

Secondo Jody Brugola le auto elettriche non sono la soluzione e punta sull’idrogeno

Secondo lui dunque le auto elettriche sono un vero fallimento e nessuno le vuole. Brugola che lavora a stretto contatto con varie case automobilistiche si dice contrario al divieto di vendita di auto termiche previsto dall’UE a partire dal 2035.

“Questa situazione di incertezza è dannosa per il settore”, afferma a La Verità. “La Germania sta entrando in una fase di recessione, le case automobilistiche stanno affrontando difficoltà nella vendita dei veicoli elettrici perché il mercato non sembra interessato, ma nessuno vuole rischiare di tornare alle motorizzazioni tradizionali”.

Secondo Brugola in questa situazione di incertezza è proprio l’Italia quella che rischia di più. Le auto italiane potrebbe avere il destino segnato. “Dobbiamo rivalutare il motore endotermico come parte integrante della nostra identità e continuare a investire nella ricerca di combustibili alternativi alla benzina. Personalmente, credo che l’idrogeno possa rappresentare la soluzione ottimale per il futuro”, afferma.

“Nel mercato automobilistico c’è spazio per una varietà di motorizzazioni. Non dovremmo limitarci ad una sola opzione, ignorando altre che potrebbero essere altrettanto valide, se non addirittura migliori.” Per l’imprenditore, il diesel può essere “utile per i rappresentanti”, l’elettrico “per chi vive in città”, e la benzina “per gli amanti delle auto sportive”.

“La fine del compartimento, almeno in Italia, sembra inevitabile”, osserva. “Basta guardare l’esempio di Hyundai-Kia: vendono sette milioni di veicoli, con un design accattivante, seguendo le tendenze del momento e offrendo prezzi competitivi. Tuttavia, qui in Italia, non possiamo nemmeno essere sicuri della sopravvivenza di marchi come Maserati. Riguardo al destino di Fiat, c’è poca chiarezza, ormai è gestita da interessi francesi. Il problema italiano risiede nella chiusura delle fabbriche e nella perdita di lavori dovuta a decisioni prese altrove. È davvero un peccato”.

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